Tra il dato segreto e il dato comunicativo

Luciano Cacciò ha compiuto negli ultimi anni – dal 1970 in particolar modo – un percorso intenso, e senza compromissioni, alla ricerca dei più autentici nuclei che determinano la sua vocazione di pittore. Segnalerei come momenti essenziali di tale percorso il passaggio articolato da una tentazione figurale ad un’interlocuzione con alcuni aspetti della lezione di Matta; e il successivo passaggio di questa interlocuzione ad un’immersione nelle profondità psicologiche coi mezzi di un’astrazione lirica in qualche modo relazionata a suggestioni informali. Infine – ed è questo l’esito incarnato nelle opere più recenti – quella tentazione figurale di cui ho parlato si è riproposta: al livello, direi, d’una matura e complessa rifusione del linguaggio. In nessun momento, mi pare, l’itinerario culturale e formale di Cacciò si è scollato dall’impulso che lo fa pittore, e che riassumerei come un sondaggio – tenero e al tempo stesso lucido, impietoso, anche - dei suoi fantasmi e delle sue pulsioni, dal quale però egli di continuo si affaccia all’esterno, tentando di stabilire rapporti, di situarsi in relazione agli altri, alle cose, al tempo. In altri termini, Cacciò ha sempre assunto una tematica di tipo conflittuale, la cui presenza trepida e dolente e bruciante oppone un efficace resistenza contro ogni pericolo formalistico. Il suo modo di maneggiare una cultura che non di rado, purtroppo, abbiamo visto, in Italia come altrove in Europa, estenuarsi in sigle preziose ma senza sangue, gli ha consentito di frequentare a lungo quella cultura, mantenendola sempre aperta a nuovi esiti. I quali, appunto, gli si condensano ora sotto la specie d’un ritorno come accennavo, d’una tentazione figurale già affacciatasi nella sua ricerca in modo assai netto e, del resto, mai del tutto scomparsa. E’ importante rilevare che non si tratta di una svolta incongrua nella direzione di quei linguaggi post-pop o di figurazione critica europea il cui aspetto vulgarian, o demotico se più piace, risulta estraneo alla vocazione personale di Cacciò. La condensazione figurale che ora tende a prodursi resta, in stretta coerenza al precedente svolgimento dell’artista, al livello d’una scrittura fondata su sottili rarefazioni segniche, su irruzioni cromatiche sensibili, su una percezione diffusamente emozionale della natura. La nuova aggregazione delle forme introduce però un chiaro elemento di novità, che sarà opportuno seguire nel prossimo avvenire in quel che essa recherà al livello delle nuove possibilità, o avventure, del linguaggio. Intanto – è qui è l’interesse prezioso di questo momento della vicenda pittorica di Cacciò, probante di risultati eppure ricco di potenzialità aperte – si fa posto nelle immagini un accentuato peso plastico, un senso concreto del consistere della figura umana. Immersa dentro la vibrazione anche atmosferica della natura che si fa paese comico di segni e colori sfioccati nella luce, questa figura umana che assume più fonda e intensa consistenza è un nuovo passo nella ricerca di Cacciò: il tema della relazione all’altro da sé, che essa incarna, ne riceve un impulso più deciso che nel passato, e avvia una nuova dialettica tra il dato segreto, intimo, della sua vocazione e il dato comunicativo, aperto, già presente in essa nel passato ma ora rappreso come nuova complessità del discorso lirico.

Antonio Del Guercio 1973


<<< - Torna a Testi Critici - >>>