Paesaggio con vittima
Il dettato di queste opere è stretto quanto attivo dentro lo spazio della mostra alla quale il pittore stesso (Luciano Cacciò, scrittore e giornalista) ha voluto dare un titolo unitario: ‘Paesaggio con vittima’. Un titolo come ad un libro, appunto per dichiarare l’intenzione letteraria, di comunicazione e di dibattito e poi di autonomia, di queste sue dense tecniche miste; ma più ancora per rimarcare tale intenzione di fronte al rischio di una sua caduta sotto il dilagare della qualità pittorica e del suo smarrimento davanti all’affermazione oggettiva di ogni quadro. E’ certo che la pittura alla fine prevale imponendo la sua regola nel reinventare e bloccare le immagini e nel farle ruotare e corrispondere attraverso la molteplicità dei mezzi propri ed essenziali; ma la sua bontà è giustificata più che sostenuta dalla chiarezza dell’intenzione letteraria. Infatti come nella onesta letteratura si parte da una posizione assolutamente nuova, sia pur piccola, da un ‘punto zero’, così Cacciò pittore si pone a filo della terra (cioè della veduta, che è pur sempre l’oggetto della pittura) lungo la medesima linea sulla quale è disposta la vittima, non ancora affondata, perduta dentro le prospettive, le rime e le nostalgie del paesaggio. Tant’è vero che il suo occhio parte insieme con la mente, per l’esplorazione minuta e profonda, addirittura prensile, di ogni elemento e materia circostante, e che proprio per le virtù dialettiche del processo d’indagine si verificano il contatto materiale e la contaminazione che produrranno l’ingresso della vittima nel paesaggio e di seguito la fusione con il medesimo, fibra per fibra. Nel lavoro di Cacciò i colori e le forme si accendono e si svolgono via via proprio secondo le fasi di questa compenetrazione; così attraverso la pittura matura l’oggetto finale. La concretezza dell’operazione è indicata anche dall’orizzontalità di ogni figura, anche di quelle più intrise e mobili: orizzontalità che sta come un verbo indicativo presente a strutturare la forza reale delle intenzioni e dei mezzi come dei risultati. L’impasto di ogni intervento del pittore, così la selezione e la durata dell’intervento come pausa fra l’uno e l’altro o la variazione materiale e climatica che avviene dopo, sulla tela o sul foglio, sono tutti calcolati con una scrupolosa misura sia dell’emozione che dell’atto e del materiale da dipingere: e sono selezionati uno per uno per il senso preciso che portano come per l’entità della reazione che deve produrre l’assimilazione di ciascun elemento dentro il quadro, cioè in vista della costruzione di un’ altra cosa. Il razionale e l’artificiale entrano nel naturale, spazio e materia del quadro, come questo infine si riscatta in quell’artificiale superiore costituito dalla ricerca e dalla produzione artistica.
Paolo Volponi 1977-1979<<< - Torna a Testi Critici - >>>